giovedì 3 dicembre 2020

Il problema della messa di Natale non è l’orario


Il problema della messa di Natale non è l’orario. E' chiaro che già negli scorsi anni le Sante messe erano spalmate in diversi orari a seconda della parrocchia, anche il Papa aveva già anticipato la messa della notte di Natale alle 22, i bambini a volte erano invitati ad andare alla messa alle ore 18, quindi la messa di Natale con la molteplicità di offerte appariva già un po’ "svuotata", non è quindi un problema di orario ma di metodo. 

Oltraggiose le parole del ministro Boccia che appare nella circostanza un po’ sbruffone quando dice che Gesù può nascere 2 ore prima. Ridicole le parole di Conte che per giustificare alcune restrizioni nelle settimane scorse si appellava ad un clima più spirituale per il Natale.

E’ chiaro che la decisione dello Stato sull’orario delle messe di Natale serve per far rispettare il coprifuoco, ma noi avremmo preferito affidare alla responsabilità di ogni parroco la decisione, soprattutto visto che nelle chiese italiane le regole di prevenzione e distanziamento sono state fino ad ora rispettate e le messe non sono state veicolo di diffusione del virus.

Bisognerebbe porsi il problema delle relazioni Stato Chiesa regolate da un concordato che sembra non esista più, l'autonomia della Chiesa è ancora garantita? La CEI non avrebbe potuto avviare una discussione più trasparente sul tema della gestione del Natale riaffermando le sue prerogative tutelate appunto dal concordato?

Avrebbe potuto magari spendere anche parole a difesa del ricongiungimento familiare?

Su questi punti condividiamo quindi le parole pacate ma significative del vescovo di Reggio Emilia-Guastalla monsignor Massimo Camisasca “Io non trovo scandaloso che la Messa possa essere spostata alle 20 invece che alle 24, a parte che non capisco bene perché il virus circoli di meno alle 20 invece che alle 24. Comunque, a parte queste considerazioni, mi va bene. Però io dico: stiamo attenti, perché nel momento in cui noi vogliamo continuamente toccare tutti i significati simbolici, affettivi e di fede delle persone, non facciamo un guadagno né per le persone né per la socialità. La socialità si nutre di rapporti, di simboli, di tradizioni e questo deve essere guardato con attenzione, soprattutto dalla Chiesa. Io come cittadino sono attentissimo a ciò che lo Stato mi chiede e voglio assolutamente salvaguardare la salute mia e dei miei fratelli. Nello stesso tempo, però, non voglio uno Stato che entri a regolamentare quello che la Chiesa deve decidere. Quindi ci deve essere su questo punto una forte attenzione sui significati simbolici, culturali e di fede di ciò che la Chiesa vive”.

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