Papa Francesco ha ribadito quanto la Chiesa ha sempre affermato
, il Santo Padre ricorda quanto sia “moralmente lecito rinunciare
all’applicazione di mezzi terapeutici, o sospenderli, quando il loro impiego
non corrisponde a quel criterio etico e umanistico" secondo il principio
della proporzionalità delle cure. Ribadisce chiaramente il no all’eutanasia e
“l’imperativo categorico” “di non abbandonare mai il malato”. Ha ricordato poi
l’importanza delle medicina palliativa che “riveste una grande importanza anche
sul piano culturale, impegnandosi a combattere tutto ciò che rende il morire
più angoscioso e sofferto, ossia il dolore e la solitudine”. Ha ricordato
infine che “lo Stato non può rinunciare a tutelare tutti i soggetti coinvolti,
difendendo la fondamentale uguaglianza per cui ciascuno è riconosciuto dal
diritto come essere umano che vive insieme agli altri in società”.
Ogni lettura diversa del discorso del Papa, c’è chi
addirittura parla di svolta, è del tutto falsa e strumentale.
E' del tutto improprio leggere questo intervento del Papa come qualcosa riferibile alla proposta di legge in discussione al Parlamento. Il Papa è intervenuto in occasione del convegno sul “fine vita” promosso dalla Pontificia Accademia. Quanto afferma poi è in notevole contrasto all'idea che è alla base della proposta di legge.
L’accanimento terapeutico e il suo rifiuto sono già
possibili e regolamentati non serve una nuova legge. La legge sul TESTAMENTO BIOLOGICO E DISPOSIZIONI DI FINE VITA ha ben altre finalità.
Noi diciamo che Il vero atto di rispetto e di civiltà
andrebbe indirizzato a fornire il più ampio sostegno alle famiglie per
prendersi cura (che non significa solo la medicalizzazione della malattia)
della persona malata e non per dare la morte. Anche i recenti dati dell'Istituto nazionale dei
tumori di Milano certificano che queste richieste di porre fine alla propria
esistenza anzitempo sono rarissime. I malati desiderato essere curati e accompagnati. Come ha anche ricordato il Papa citando al storia di un sacerdote, 65enne più o meno, che scopertosi ammalato è stato accompagnato dal suo medico, un esempio di quell'alleanza medico paziente che invece la legge sulle "disposizioni" di fine vita mette in pericolo.
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