Dallo scorso agosto quando il governo di
Pristina (Capitale del Kosovo) ha deciso di rendere obbligatoria la
reimmatricolazione di tutti i veicoli con targa serba, da sostituire con quella
kosovara la tensione in Kosovo e' andata via via crescendo. La disputa ha
assunto ovviamente il valore di natura simbolica, specialmente per la minoranza
serba sostenuta in questa circostanza dal governo serbo di Belgrado, il quale
non riconosce il Kosovo come Stato indipendente (insieme a Russia, Cina e 5
Stati membri Ue), la proclamazione dell’indipendenza del Kosovo avvenne nel
2008 a seguito dei massacri perpetrati dalla Serbia che avevano visto anche
l'intervento della NATO a difesa dei kosovari di origine albanese.
A seguito del provvedimento sulle targhe a inizio novembre numerosi pubblici
ufficiali serbi avevano deciso di ritirarsi dalle istituzioni del governo di
Pristina e da quel momento nonostante il tentativo della UE di mediare, a
dicembre i paesi UE si erano riuniti per parlare del futuro dei Balcani e
avevano deciso di appoggiare un piano di aiuti economici con un nuovo pacchetto
di investimento di 1,2 miliardi di EUR con la speranza che questo potesse
aiutare a stemperare le tensioni.
L’Italia cerca di giocare il ruolo di mediatore, ricordiamo che l'Italia
partecipa con 900 soldati alla missione Kosovo Force (Kfor), la forza militare
internazionale guidata dall'Alleanza Atlantica responsabile di ristabilire
l'ordine e la pace in Kosovo su mandato delle Nazioni Unite. Dopo un colloquio
telefonico tra Vucic e il ministro degli Esteri Tajani, il leader serbo ha
ribadito che affinché i rappresentanti serbi tornino all’interno delle
istituzioni kosovare, è necessario che venga rispettato l’accordo di Bruxelles
e che vengano create della Comunità delle municipalità serbe in Kosovo, che
Pristina si era già impegnata a realizzare 10 anni fa.
Come riporta il sito https://www.vaticannews.va/it/mondo/news/2022-12/kosovo-proseguono-le-proteste-della-comunita-serba-tensione.html "Il ministro della Difesa serbo Milos Vucevic ha messo in guardia il governo di Pristina e il premier Kurti dall'attuare un attacco alle barricate, cosa, questa, che avrebbe a suo dire conseguenze catastrofiche. "La Serbia in tal caso non attenderebbe al confine nuove colonne di profughi", come avvenuto in altre occasioni di conflitto in passato ha detto Vucevic. Il ministro degli interni del Kosovo Svecla ha detto che le sue forze di polizia potevano rimuovere le barricate, ma si attende che siano i serbi locali o le truppe della Nato a rimuoverle. "Per il bene della stabilità stiamo aspettando che vengano rimosse da coloro che le hanno installate o dalla KFOR, ma anche l'attesa ha una fine", ha poi specificato".
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