La Turchia alla fine inizia l'invasine del nord della SIRIA, con la scusa di crearsi una zona di cuscinetto per la propria sicurezza ma in realtà per riaffermare il suo ruolo di potenza regionale, dopo le sconfitte dei gruppi di ribelli siriani da lei appoggiati. Erdogan in patria perde consensi e rilanciare il teorema del vecchio nemico curdo potrebbe servirgli anche per riconquistare il consenso politico ma anche per rilanciare la guerra contro Assad.
L'amministrazione USA di Donald Trump è convinta giustamente a non farsi coinvolgere in lunghi conflitti costosi sia in termini economici che in termini di vite umane ma purtroppo questa visione limitata ai soli propri interessi sacrifica il popolo curdo usato ancora una volta fino a quando serviva per combattere l'ISIS e poi abbandonato.
L'opinione pubblica internazionale appare silente, nessun appello di VIP per fermare l'ennesima strage annunziata e l'ennesimo flusso di profughi che questo nuovo conflitto alimenterà.
La comunità internazionale di fronte ad una palese azione unilaterale che viola il diritto internazionale appare impotente, l'Europa in particolare, visto che non è impegnata militarmente nel conflitto e soprattutto perché appare sotto il ricatto dei 3 milioni di profughi attualmente presenti sul territorio turco. Iran e Russia al momento fanno generici appelli per evitare un'escalation, vedremo fino a che punto Erdogan vorrà sfidare anche gli alleati di Assad.
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