lunedì 4 giugno 2018

Dopo 8 anni poco sembra essere cambiato


L’omicidio di Soumayla Sacko, il migrante maliano di 29 anni ucciso da una fucilata mentre con due connazionali tentava di portar via delle lamiere da una fabbrica dismessa riaccende i riflettori sullo sfruttamento del lavoro della manod’opera straniera nelle campagne del sud e nella piana di Gioia Tauro in aprticolare. Qui, nel 2010, il ferimento di un immigrato innescò una rivolta sedata a fatica dalle forze di polizia. Questo nuovo episodio sembra mostrare che dopo 8 anni troppo poco è stato fatto per ripristinare una situazione di legalità contrattuale per queste migliaia di stranieri sfruttati col caporalato: oggi nessuno si è presentato agli svincoli dove i caporali scelgono quotidianamente a chi regalare una giornata di lavoro e tutta l’attività di raccolta oggi è ferma. Ma questo ci ricorda come il caporalato sia ancora la prima forma di lavoro da queste parti per queste persone straniere. Una piaga a cui si dovrebbe porre fine. Poco è stato fatto per migliorare la loro condizioni abitativa visto che ancora vivono in accampamenti e baraccopoli.

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