Domani si aprirà il conclave per l’elezione del nuovo Papa.
Prima di ogni altra considerazione va affermato che il Papa che serve alla
Chiesa è un Papa santo, che sappia indicare Dio e Cristo agli uomini, un
pastore che sappia recuperare le pecorelle smarrite.
I cardinali si sono affidati alla preghiera e inizieranno il
conclave invocando la guida dello Spirito Santo perché li guidi nel
discernimento.
Certamente in questi giorni avranno ragionato, più che sul
nome, sul profilo che è richiesto al nuovo Papa partendo da quelle che hanno
considerato come le priorità per la
Chiesa di oggi e domani.
Da questo punto di vista quindi ha poco senso parlare di un
cardinale o di un altro dal punto di vista della sua provenienza geografica.
Ci sembra di aver colto tre possibili analisi.
La prima è legata ad una continuità teologica col
pontificato di benedetto XVI, e per questo si deve partire considerando che
Ratzinger e il teologo Hans Urs von
Balthasar, nei primi anni Settanta posero poste le basi di una nuova
rivista, Communio, il nome della rivista è significativo: i promotori
vogliono servire la Chiesa
e favorire la comunione. Tra i fondatori c’è anche il famoso teologo gesuita Henri de Lubac, futuro cardinale.
Ratzinger viene subito coinvolto in quella che von Balthasar definità una
«ragnatela» di supporter internazionali della nuova rivista. Tra i primi a
farne parte ci sono anche quelli che il futuro Papa definisce alcuni
«promettenti giovani di Comunione e liberazione». Angelo Scola è tra questi. Ma
alla scuola di Ratzinger sono iscrivibili anche Schönborn Cardinale di
Vienna, il Cardinale canadese Ouellet e il più giovane cardinale Primate
d’Ungheria e arcivescovo di Strigonio-Budapest. Tra questi certamente Scola
sembra ha buone possibilità vista la statura internazionale che ha acquisito
negli anni. Sia Erdo che Scola hanno ottime conoscenze e rapporti anche con le
chiese orientali dovuti il primo alla presidenza della conferenza episcopale
europea e il secondo al ruolo di Ptriarca di Venezia svolto fino a 2 anni fa.
Un'altra possibile analisi è quella che vorrebbe prevalere
un esperto conoscitore della curia romana e quindi associa ad essa la capacità
di una vera riforma che non sembra più rinviabile. In questo il Cardinale canadese
Ouellet gode sicuramente di qualche chance, tra l’altro Oullet ha buoni
rapporti con le chiese sudamericane dove per anni ha insegnato nei seminari. Anche
il Cardinale brasiliano Odilo Scherer, è una figura che potrebbe attirare il
consenso del conclave, egli che lavorò a lungo a Roma come braccio destro del
cardinale Re (capo del dicastero dei vescovi) e ora guida una delle più grandi
diocesi dell'America latina, quella di San Paolo, ed è uno dei cinque
componenti del Consiglio di sorveglianza dello Ior. Un Papa non europeo sarebbe
una vera novità per la Chiesa
cattolica e da questo punto di vista una figura vicina alla tradizione
latino-americana risponderebbe a quella che oggi ed in futura sarà la
componente più forte numericamente nel popolo di Dio.
Un Papa statunitense sarebbe quasi clamoroso, dopo i vari
scandali ma sicuramente mai come stavolta i cardinali statunitensi hanno
canditati di primo piano e carismatici come il cardinale di New York Timothy
Dolan e l'arcivescovo di Boston, Sean Patrick O'Malley.
Al primo, energico difensore della libertà della Chiesa
negli USA sotto pressione per alcune decisioni dell’amministrazione Obama,
Benedetto XVI chiese di tenere il discorso introduttino al concistoro del 2012 in cui veniva elevato
alla porpora cardinalizia, al secondo, O'Malley invece è stata affidata al
diocesi americana più colpita dallo scandalo pedofilia, e con umiltà, sobrietà
tipiche di un cappuccino, ma anche con fermezza, O'Malley ha saputo guidarla e
farle superare un momento davvero critico.
Infine, l’imprevedibile azione del Signore e dello Spirito
Santo potrebbero donarci un Papa che nessuno ha previsto.
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