Vi riportiamo quanto pubblicato su “Il Foglio” di martedì 10 dicembre, scritto di Giovanni
Tassani.
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San Pio X? Scatenò “una repressione che, per i metodi di polizia segreta
adottati, anticipa almeno un tratto del totalitarismo: una campagna che avrà
come effetto quello di fabbricare un clero teologicamente scervellato che
segnerà in modo particolare l’Italia e il rapporto con tutti i conservatorismi,
da quello sanguinario del fascismo a quello boccaccesco del berlusconismo”.
Il riavvicinamento, avviato con Giolitti, dei cattolici ai
liberali? “Nato in concomitanza con le celebrazioni costantiniane che dovevano
lavare l’onta delle feste cinquantenarie del Regno usurpatore, il Patto
Gentiloni inaugura la lunga vita di un’idea nata morta per la XXIV legislatura
del Regno e rinverdita di lustro in lustro oltre il crinale repubblicano, quella
cioè, per la quale i cattolici in Italia servono a rafforzare un moderatismo
‘naturale’ e benedetto”.
Veniamo a tempi più ravvicinati. Pio XII? Ebbe nel 1952 “la
folle idea di sdoganare i fascisti nelle elezioni per Roma” in combutta con
Luigi Gedda che intendeva traslare in Italia l’ideologia dell’Action
française.
Ce n’è anche per il
“conservatore” Alcide De Gasperi: “l’uomo della stabilità intesa come fine a sé
stessa”.
A chi appartengono
questi giudizi, strampalati più che sommari?
All’esimio professore ordinario di storia del cristianesimo
Alberto Melloni, direttore a Bologna della Fondazione Giovanni XXIII,
presentista ubiquo in RAI, Enciclopedia Italiana, “Corriere della sera”,
nonostante inciampi e ripetuti svarioni storiografici.
Da tempo Melloni è impegnato a
“salvare” la memoria di Giuseppe Dossetti da una vasta trama di affossatori
della sua figura, a suo avviso centrale nella storia politica ed ecclesiastica
italiana, e non solo.
I giudizi
sopra citati sono appunto tratti da una sua “Lectio magistralis” dal titolo:
“Sul ‘vero’ Dossetti”, pronunciata un anno fa, il 26 novembre 2012, in occasione
della III Cattedra Giuseppe Lazzati, presso l’omonima Fondazione milanese, e che
ora viene pubblicata dalla rivistina “Appunti di cultura e politica”, già organo
della disciolta Lega democratica di Pietro Scoppola e dal 2002 fatta propria
dall’associazione “Città dell’uomo”, fondata da Giuseppe Lazzati, che fu in vita
sodale politico del Dossetti democristiano nonché suo amico sincero.
Nei confronti di Pio XII Melloni è
da sempre particolarmente affilato: chi tenta di difenderlo è da lui arruolato
in una creatura di sua fantasia: le “Brigate Pacelli”.
Meno esposto il giudizio su Paolo
VI, che fu la bestia nera della “scuola di Bologna” in ragione del suo supposto
spegnimento del Concilio giovanneo, del progetto di “Lex Ecclesiae
Fundamentalis” e della destituzione del cardinal Lercaro dalla sede di Bologna,
per il nostro: “un episodio con pochi precedenti nel secondo millennio”, su cui
promette prossime e approfondite rivelazioni.
Su Dossetti, il Melloni si sente l’unico storico
“veridico”, con l’eccezione di pochi allievi ed amici autorizzati, da lui
arruolati in una non fortunata impresa editoriale: “Cristiani d’Italia”, in due
volumi Treccani, opera benedetta alla partenza dall’allora patriarca di Venezia
Angelo Scola, poi inutilmente sostenuto da Melloni dalle colonne del “Corriere
della Sera” per la corsa al soglio pontificio. Una voce istruttiva di questa
enciclopedia melloniana è dedicata a: “Il ruinismo. Visione e prassi politica
del presidente della conferenza episcopale italiana, 1991-2007″.
Tutti gli altri studiosi che di
Dossetti si sono occupati o continuano a scriverne in autonomia “peccano” a suo
giudizio di imprecisione o tradimento: dai membri della famiglia religiosa
fondata dallo stesso Dossetti, compresa suor Agnese Magistretti, ai curatori
delle Edizioni Paoline che confezionano una “mousse dolciastra” nelle
presentazioni degli scritti giovanili dossettiani in una collana da lui non
controllata, alla “costruzione ideologica” di un vecchio prefatore di scritti
dossettiani per Marietti come Mario Tronti, approdato ai “marxisti
ratzingeriani”, al prefatore Walter Veltroni, reo col suo scritto “imperdibile”
di avere promosso per Diabasis un’altra edizione reprint – in “frettolosa
concorrenza” con la sua – di “Cronache Sociali”, la rivista dossettiana tra il
1947 e il 1952, addirittura – si pensi – “grazie ai finanziamenti di una banca
romana”.
Neppure il buon padre
Giovanni Sale della “Civiltà Cattolica”, che ha rivelato il ruolo di raccordo
stretto tra il Vaticano e Dossetti ai tempi dell’assemblea costituente, ruolo
sempre negato in vita da Dossetti, si salva da un giudizio di frettolosità.
E sono fatte le pulci anche a
Leopoldo Elia e a Pietro Scoppola per aver alterato, in un libro-intervista
postumo a Dossetti e Lazzati, alcune dichiarazioni di quest’ultimo, critiche del
buon rapporto esistente tra papa Karol Wojtyla e Comunione e liberazione.
Gli altri autori non conformi sono
silenziati, sorte a cui sfugge chi scrive, il cui apporto alla conoscenza del
ritiro di Dossetti dalla Democrazia cristiana agli inizi degli anni Cinquanta
(in libri e saggi pubblicati tra 1988 e 2007) non è affrontato, ma ricordato
come “collezione di coriandoli documentari dediti alla scoperta politologica
dell’acqua calda”.
Il torto di
chi scrive è forse quello di aver partecipato a un convegno bolognese per i
dieci anni dalla morte di Dossetti parlando bene di De Gasperi – con conseguente
esclusione per non conformità dagli Atti, come buona parte dei relatori – e poi
di aver criticato, documenti alla mano, la bizzarra tesi melloniana del Dossetti
vicesegretario della DC “in opposizione al segretario Gonella”.
Altra bizzarra tesi di Melloni è
quella circa la volontà dossettiana di creare un partito laburista cristiano a
sinistra della DC con iniziale appoggio del sostituto alla segreteria di Stato
vaticana Giovanni Battista Montini: fantasmi che fanno il paio a sinistra con
quelli agitati a destra contro la supposta “Action italienne” di Gedda.
Dalla scure giacobina del nostro
non si salvano – nella citata “Lectio magistralis” – i papi più recenti:
Benedetto XVI, cui “qualcuno”, in occasione del 150° dell’unità d’Italia fece
firmare “una ricostruzione grottesca del percorso costituente” omettendo
Dossetti. E Giovanni Paolo II, che avrebbe ridotto “quella forma di ipocrisia
canonica che è l’apertura del processo di beatificazione”, che pure per secoli
ha avuto una sua severa prassi, a una specie di “cavalierato”.
A qualcosa di più di un
“cavalierato” aspirano, col processo avviato di beatificazione, gli amici
milanesi di Lazzati e le brave persone della redazione di “Appunti”. Ma stupisce
che si siano affidati a un avvocato che non sa davvero difendere la memoria di
Dossetti, né tutelare quella di Lazzati. Dopo un anno dalla lettura di quella
“Lectio magistralis”, che credo avranno ascoltato con vigile attenzione quel 26
novembre dell’anno scorso, potevano forse evitare di pubblicarla.
di Giovanni Tassani
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