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giovedì 1 ottobre 2009
Quale libertà di religione?
Oggi uno dei temi che più sono attuali e a seconda di come verrà affrontato segnerà la nostra società è la libertà di religione, il rapporto tra religione e stato e tra le varie religioni. Un presupposto è necessario, garantire la libertà di religione a tutti. E’ utile ricordare quanto diceva in merito la Dignitatis Humanae (Concilio Vaticano II) “l'esercizio della religione, per sua stessa natura, consiste anzitutto in atti interni volontari e liberi, con i quali l'essere umano si dirige immediatamente verso Dio: e tali atti da un'autorità meramente umana non possono essere né comandati, né proibiti (4). Si fa quindi ingiuria alla persona umana quando si nega il libero esercizio della religione nella società, una volta rispettato l'ordine pubblico informato a giustizia. La libertà religiosa che compete alle singole persone, compete ovviamente ad esse anche quando agiscono in forma comunitaria. I gruppi religiosi hanno anche il diritto di non essere impediti di insegnare e di testimoniare pubblicamente la propria fede, a voce e per scritto”. Anche Benedetto XVI più volte si è espresso sulla libertà di religione e il ruolo pubblico che essa ha diritto e dovere di avere, esprimendo le sue preoccupazioni “non possiamo non essere preoccupati per il fatto che oggi, con insistenza crescente, alcuni ritengono che la religione fallisca nella sua pretesa di essere, per sua natura, costruttrice di unità e di armonia, un’espressione di comunione fra persone e con Dio. Di fatto, alcuni asseriscono che la religione è necessariamente una causa di divisione nel nostro mondo; e per tale ragione affermano che quanto minor attenzione vien data alla religione nella sfera pubblica, tanto meglio è”, questa visione va respinta.Benedetto XVI ricorda anche che nell’incontro tra le religioni bisogna partire da un dialogo interculturale piuttosto che interreligioso: “un dialogo interreligioso nel senso stretto della parola non è possibile, mentre urge tanto più il dialogo interculturale che approfondisce le conseguenze culturali della decisione religiosa di fondo.” Nel documento Dignitatis Humanae si affrontavano due aspetti della libertà di religione che riletti oggi possono apparire profetici: cura e limiti della libertà di religione. Infatti si dice che “Tutelare e promuovere gli inviolabili diritti dell'uomo è dovere essenziale di ogni potere civile (6). Questo deve quindi assicurare a tutti i cittadini, con leggi giuste e con mezzi idonei, l'efficace tutela della libertà religiosa, e creare condizioni propizie allo sviluppo della vita religiosa”, il ruolo delle istituzioni “deve provvedere che l'eguaglianza giuridica dei cittadini per motivi religiosi non sia mai lesa e che non si facciano fra essi discriminazioni”. Lo stato non puo’ imporre la professione di una religione oppure la sua negazione e deve garantire la possibilità per chiunque di poter cambiare liberamente religione. Questo richiamo appare sensibilmente attuale nel rapporto con la fede islamica, si deve tener conto come ha ricordato Benedetto XVI nel suo viaggio in Giordania che i “talenti critici” sono importanti nel mondo arabo: senza critica la fede può diventare fanatismo, superstizione, o addirittura manipolazione. Il Papa ha toccato un punto che è fondamentale per la crescita di questa regione: “l’assenza di sguardo critico, porta la gente a seguire in modo politico l’uno o l’altro leader, senza domandarsi sulle esigenze di democrazia, libertà, diritti umani, convivenza. La religione viene sfigurata quando viene costretta a servire l’ignoranza e il pregiudizio, il disprezzo, la violenza e l’abuso”. E’ ammesso invece parlare di limiti della libertà religiosa che vanno ancorati all’ordine pubblico e alla responsabilità personale e sociale. Gli stati sono quindi chiamati a dotarsi di norme giuridiche a difesa dei diritti e della loro pacifica armonizzazione a vantaggio di tutti i cittadini. Va quindi in ogni caso applicata per esempio la norma che vieta l’istigazione alla violenza che alcuni psudo-predicatori religiosi fanno manipolando ideologicamente la religione, talvolta a scopi politici, trasformandola in catalizzatore delle tensioni e delle divisioni e non di rado anche delle violenze nella società. In un cammino di integrazione vero bisogna allora parlare di quale cittadinanza vogliamo costruire. Per essere cittadini non basta nascere in uno stato o esserci serve una vera conoscenza e condivisioni dei principi alla base della nostra società serve un processo culturale che deve essere richiesto solo allora si potrà essere cittadini. Urge un’azione educativa e questo diventa urgente specialmente nei confronti di chi proviene da paesi stranieri dove l’humus culturale sui diritti umani è differente, non ha accora affrontato la dignità della donna e la famiglia fondata sul matrimonio e non sulla poligamia, la libertà di religione. Oggi nei loro confronti abbiamo una responsabilità che non può essere rinviata, oggi loro vengono da noi e noi siamo chiamati a rispondere sia ai loro bisogni materiali ma anche ad offrire una crescita culturale. L'educazione è quella forza debole che può e deve essere usata per incidere sulla mentalità della gente. Ma di fronte alla presenza di religioni diverse in tutto il mondo e in un mondo globalizzato come il nostro bisogna tutelare la libertà religiosa in tutti i luoghi con leggi e protezioni per tutte le comunità religiose e in particolare dove sono minoranze. Inoltre bisogna ricordare che per i cristiani compito primario è l’annuncioe quindi sono tenuti ad operare instancabilmente «affinché la parola di Dio corra e sia glorificata» (2 Ts 3,1). Nel rapporto tra le diverse fedi un principio fondamentale è quello della reciprocità, che va pretesa e garantita. Ma in questo non possiamo dimenticarci che mentre noi abbiamo il problema dell’arrivo di molti stranieri di religione islamica, nei paesi islamici in particolare quelli ricchi della penisola arabica c’è un fenomeno simile ma a ruoli invertiti, migliaia e migliaia di cattolici (filippini, indiani e altri ancora) si recano li per cercare lavoro e hanno il problema di poter esprimere la propria religione, questa è una questione che interroga la nostra società ma anche la loro,anche con qualche segno di speranza come l’incontro tra il principe saudita e Benedetto XVI evento storico o l’apertura delle prime chiese nella stessa penisola arabica, ma anche con un urgente problema di riconoscimento delle libertà di culto e di religione. Riguardo alla nostra città di Milano Non è più dilazionabile l’urgenza di trovare anche per la comunità islamica di Milano luoghi di preghiera. Esiste anche una carenza di luoghi di culto e di aggregazione cattolici in alcuni quartieri della periferia milanese. Ne parla mons. Erminio De Scalzi, vicario episcopale per la città di Milano che dice “Anche gli islamici, a Milano, hanno diritto ad avere un luogo di culto. Questo creerebbe una possibilità di dialogo più disteso tra le religioni, eviterebbe l’illegittima e fastidiosa occupazione di suolo . Purchè sia “un vero luogo di culto” e non altro. All’autorità civile spetterà il compito di vigilare e ottenere garanzie in tale senso. Agli islamici l’onere di assumersi i costi – come fa ogni nostra parrocchia – di tale costruzione.”
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bell'articolo, del tutto condivisibile. Cosa dite della proposta abbozzata dai finiani dell'introduzione di un'ora di religione islamica? Enzo
RispondiEliminaE' una porposta su cui bisogna riflettere con attenzione. Come detto la libertà di religione rimane un principio e un diritto da garantire. bisogna valutare se la scuola deve essere deputatata a svolgere questo ruolo. Inoltre rimangono molti problemi pratici che riguardano soprattutto la figura degli insegnanti a cui sarebbe affidata l'ora di religione islamica. Pensiamo che le parole del Cardinale Bagnasco possano dare un contributo alla riflessione.
RispondiElimina"L'ora di religione cattolica, nelle scuole di Stato si giustifica in base all'articolo 9 del Concordato, in quanto essa è parte integrante della nostra storia e della nostra cultura. Pertanto, la conoscenza del fatto religioso cattolico è condizione indispensabile per la comprensione della nostra cultura e per una convivenza più consapevole e responsabile ma non mi pare che l'ora di religione ipotizzata corrisponda a questa ragionevole e riconosciuta motivazione"