Il 12 e 13 giugno saremo chiamati a votare sui referendum, vorremmo poter affrontare la discussione sul tema del referendum sull'acqua serenamente ma sembra sia impossibile visto gli slogan usati e lo schema ideologico che sembra emergere: scegliere tra pubblico contro privato, prefigurando che uno sia il bene e l'altro il male.
Noi pensiamo che anche in questa discussione bisognerebbe affermare con convinzione da parte di tutti il sano principio della sussidiarietà che è perno della Dottrina Sociale della Chiesa tanto quanto la solidarietà e un’ equa distribuzione dei beni. Sarebbe bene quindi che anche la Chiesa in questa discussione difendesse il principio che l'acqua è un bene pubblico e primario che deve essere garantito a tutti con un prezzo equo ma che servizio pubblico non equivale a proprietà pubblica della gestione dell'acqua o delle infrastrutture. Infatti nessuno vuole privatizzare l'acqua e neanche la legge sottoposta a referendum lo fa, e addirittura rimane pubblica la proprietà dell’acquedotto. La legge regolamenta invece le gare d’appalto della gestione delle strutture idriche con società che possono essere private ma anche miste pubblico-privato, garantendo in casi particolari comunque una gestione diretta pubblica. Inoltre è utile ricordare che in Italia esistono sia casi di pubblico che di privato inefficienti e casi virtuosi, la differenza è fatta da chi opera non dal carattere dell’azienda. Inoltre è risaputo che se la gestione pubblica è inefficiente le perdite sono ripagate con le tasse e anche se la gente non vede direttamente nella bolletta questi costi esistono. Non si può pretendere che il servizio sia gratuito né che manchino gli investimenti sia pubblici (sempre meno a causa del debito e delle giuste norme di stabilità del bilancio pubblico) che privati. Si sa i nostri acquedotti, molto spesso in particolare in alcune aree del paese, funzionano male anche se pubblici, con uno spreco di risorse idriche pari al 39%. Certo non è il privato che garantisce la certezza del miglioramento, ma neanche la esclude. La legge seguendo per altro norme europee da la possibilità ed anzi incentiva l'ingresso di capitali privati nella gestione delle risorse idriche che richiede forti investimenti per un rilancio, un adeguamento e una corretta manutenzione. Ma se non investe il privato chi dovrà pagare questi investimenti? Comunque noi con le tasse.
Come poter attirare questi investimenti se uno dei referendum vieta l'inserimento nelle tariffe di un sovrapprezzo adeguato alla remunerazione del capitale investito? Come assegnare gli appalti se l’altro referendum vuole cancellare la norma che richiede un gara d’appalto pubblico? Inoltre è utile ricordare come la gestione pubblica è stata negli anni spesso fallimentare ed è stata usata in modo clientelare dalla politica. Si può discutere su come calmierare i prezzi per evitare ingiuste speculazioni e in questo magari migliorare anche la legge, non si può invece prescindere da un ammodernamento. Perché ideologizzare solo per fini politici che rinviano il problema? Infine ci chiediamo come la Chiesa possa difendere il ruolo pubblico della scuola paritaria cattolica e poi dire ai cittadini che l'acqua non può essere, per lo stesso principio, gestita dai privati ma necessariamente dal pubblico?
In merito al centro sinistra ricordiamo che i ministri Lanzillotta e Bassanini furono promotori insieme a Bersani nel governo Prodi di una legge analoga nel famoso pacchetto delle liberalizzazioni. Il cambio di opinione del partito del Pd e del suo leader Bersani sono chiaramente solo una scelta politica, come prova anche la lettera che abbiamo ricevuto da alcune associazioni che invitano al voto per il SI per dare una spallata alla politica del governo
Si stigmatizza il guadagno delle imprese che investirebbero nel settore idrico, ma questo è puro statalismo vogliamo ricordare che già Leone XIII con la Rerum Novarum ammetteva come lecito il guadagno e la proprietà privata. Il guadagno se fatto in modo onesto e garantendo un buon servizio è lecito, anche sulla gestione del servizio idrico. Tra l’altro potrebbe anche essere un’occasione di sviluppo economico in questo settore e quindi anche di occupazione. Certamente occorrerà mettere in campo anche sistemi di controllo che vigilano sulla correttezza dei gestori e sull’efficienza delle soluzioni proposte.
Noi non andremo a votare per far fallire questo referendum, come previsto dalla Costituzione, ma nel caso fosse raggiunto il quorum ci recheremo a votare NO perché siamo per la sussidiarietà.
Lo stesso dicasi per il referendum sul nucleare, noi siamo favorevoli al nucleare e crediamo che sia possibile contemporaneamente sviluppare la ricerca e utilizzo delle forme di energia alternative, lo scopo deve essere infatti quello di ridurre significativamente l’uso dei combustibili fossili. Nel frattempo si possono cercare soluzioni per una maggiore efficienza energetica. Ciò che ci convince nella nostra scelta è l’incredibile decisione della Cassazione, con l’avvallo della Corte Costituzione, che ha trasformato il referendum sostanzialmente da abrogativo a consultivo contro quanto specificato dall’articolo 75 della Costituzione. Rimaniamo sinceramente sbalorditi dall'ennesimo uso politico della magistratura. La richiesta di abrogazione invece di applicarsi alla precedente legge si applicherà alle nuove norme e dovrà essere modificato il quesito. Pensiamo sia davvero la prima volta che accada una cosa del genere, si raccolgono le firme per un referendum abrogativo e si vota per un altro!
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