Recentemente il presidente della Camera è intervenuto affermando che non ci devono essere leggi di carattere religioso. Innanzitutto nessuno le chiede ed allora ci si domanda cosa ci sia dietro questa esternazione. “Forse che l’uomo non ci interessa?” si domandava Benedetto XVI (Discorso alla Curia romana, 2006). Il tentativo è quello di far apparire alcune proposte di legge e una visione dell’uomo e della centralità della persona come solo legato ad una religione, invece c’è un diritto naturale che precede lo stato e le leggi, che devono solo riconoscere i diritti fondamentali dell’uomo, tali appunto, in quanto iscritti nella sua natura di essere umano, un’idea questa che certo trova elementi in più nella fede cristiana ma che appartiene a tutti gli uomini che si facciano guidare con retta coscienza dalla verità. Oggi in un mondo dominato dal relativismo si mette in dubbio l’esistenza stessa di una verità comune e oggettiva, si tende a confondere le coscienze delle persone attribuendo quasi un etichetta di integralisti a chi invece ne riafferma l’esistenza. E’ questo lo stesso motivo per il quale si attacca la Chiesa Cattolica che riafferma un ruolo della religione nella comunità civile, che come ha ricordato Benedetto XVI “è una funzione insostituibile alla creazione di un consenso etico di fondo nella società”(Discorso a Parigi 2009), “è servire la formazione della coscienza nella politica e contribuire affinché cresca la percezione delle vere esigenze della giustizia e, insieme, la disponibilità ad agire in base ad esse, anche quando ciò contrastasse con situazioni di interesse personale" (cfr Deus caritas est, 28 – Benedetto XVI all’Incontro con l’Internazionale Democratica di Centro 2007). Si vuole invece introdurre il libero arbitrio dello Stato su questioni etiche di fondo.
Ci sembra che ci sia il tentativo di discriminare le persone che formano la loro coscienza in base a dei criteri morali che hanno come riferimento anche la propria fede; il cristiano trova riferimento nella dottrina sociale della Chiesa, nel Vangelo e nel Magistero della Chiesa che permeano tutta la sua vita e quindi anche il suo impegno politico. Benedetto XVI diceva “La coerenza dei cristiani è infatti indispensabile anche nella vita politica”.
Il Concilio Vaticano II nella Lumen gentium, n36, afferma "i laici imparino a distinguere accuratamente diritti e doveri che spettano loro in quanto membri della Chiesa da quelli che competono loro in quanto membri della società umana" [..] "perché imparino ad armonizzarli fra loro, ricordando che in ogni cosa temporale, devono lasciarsi guidare dalla coscienza cristiana, perché nessuna attività umana, nemmeno temporale, può sottrarsi a Dio".
Non si può chiedere a nome di una falsa laicità, che sa più di laicismo, di escludere il laico cristiano dall’opera politica e chiedergli di non dare il contributo alla costruzione del bene comune. Il cristianesimo ha sempre svolto un ruolo di accrescimento umano e sociale attraverso il contributo che i cristiani in quanto tali hanno dato alla comunità e alla società.
Jürgen Habermas, un filosofo che non aderisce alla fede cristiana dice “L'universalismo egualitario, dal quale sono scaturite le idee di libertà e di convivenza solidale, è un'eredità immediata della giustizia giudaica e dell'etica cristiana dell'amore.”
Oggi c’è una società plurale che chiede che venga garantito ai diversi ideali, filosofie, religioni la libertà di parola, anche il cristiano ha il diritto di parteciparvi. La legittima pluralità di posizioni non deve però cedere il posto ad un indifferenziato pluralismo, all'assunto che tutte le posizioni si equivalgono, deve rimanere un riferimento a valori comuni e a una verità assoluta per tutti.
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