mercoledì 24 aprile 2024

Alta moda agevola sfruttamento del lavoro



Negli ultimi mesi la Procura di Milano ha messo sotto accusa l’alta moda milanese. Sono due le indagini che hanno portato ad accusare la ditta Alviero Martini e Il gruppo di Giorgio Armani di sfruttare la manodopera. 

Le accuse sono molto gravi tanto che per entrambe le società è stata disposta l’amministrazione giudiziaria. Le borse Alviero Martini secondo l’accusa venivano prodotte nell’hinterland di Milano per una cifra sette volte inferiore al prezzo di vendita in opifici dove i lavoratori venivano sfruttati e pagati con paghe al di sotto la soglia di povertà e costretti a lavorare in ambienti insalubri, la ditta viene accusata di non aver mai effettuato ispezioni sulla filiera produttiva per appurare le reali condizioni lavorative. 

Le accuse alla Giorgio Armani operations sono dello stesso tipo infatti anche questo gruppo viene accusato di essere incapace di prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo nell'ambito del ciclo produttivo non avendo messo in atto misure idonee alla verifica delle reali condizioni lavorative. Ma per Giorgio Armani Operations le accuse sono anche più gravi, viene infatti accusata di non aver fatto nulla per impedire il caporalato e addirittura di una “condotta agevolatrice" nello sfruttamento dei lavoratori che producono in subappalto capi di abbigliamento e accessori per i diversi brand del colosso della moda italiana. È chiaro che il problema riguarda probabilmente tutto il settore ma stupisce che un gruppo così importante non si sia adoperato per controlli che facilmente potevano mostrare lo sfruttamento visto che secondo l’accusa a partire dal dicembre del 2023 in vari stabilimenti tra Milano e Bergamo, tutti risultati irregolari nei quali erano presenti anche lavoratori occupati in nero e clandestini. In ogni azienda serie i fornitori devono risultare certificati e a norma, per profitto l’alta moda accetta invece di rifornirsi da aziende decisamente sotto lo standard e francamente difficilmente certificabili secondo standard e audit regolari.

 Il profitto anche per grandi marchi evidentemente prevale su tutto, e poi spendono magari milioni per far apparire al pubblico la loro ecosostenibilità e la loro partecipazione a iniziativi di beneficenza. Ci chiediamo tutte queste etichette che si acquisiscono per mettere il brand al passo con le regole e le leggi ambientali sociali o altro che senso hanno se poi nessuno prima di rilasciarle fa controlli? Servono solo per le pubblicità e a far girare soldi agli enti che le rilasciano?

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.