Oggi il mondo sembra dirci non c’è speranza, tutto va male, c’è la guerra,
c’è la violenza, c’è la povertà, alla fine devi comunque morire. Noi sensibili
ai temi della vita vediamo come ogni giorno ci siano notizie che mettono in
discussione la più semplice delle realtà: la vita è un dono da vivere e
custodire.
Lo scoraggiamento allora può sorgere, potremmo essere assaliti dalla
disperazione, ma per noi non è e non sarà così, perché noi abbiamo Gesù,
abbiamo Dio che ci ama. È in lui che riponiamo la nostra speranza, non nelle
nostre mani che solo e devono però essere uno strumento al suo servizio per
compiere il bene. Sì, perché la nostra chiamata è a collaborare a rendere
migliore, più giusto il nostro mondo. Il mondo di domani sarà quello che noi
abbiamo contribuito a costruire nella fiducia che Dio è con noi, perché Gesù
sulla croce si prende carico delle nostre fragilità e debolezze e poi risorge
cambiando tutta la prospettiva alla nostra vita.
Papa Francesco ci richiama al significato della preghiera del Padre Nostro
quando chiediamo “che sia fatta la tua volontà. Papa Francesco ci ricorda che “Prima
della cura del mondo da parte dell’uomo, vi è la cura instancabile che Dio usa
nei confronti dell’uomo e del mondo”, la volontà di Dio, quella che noi
preghiamo che sia fatta (nel padre Nostro) è che “il suo disegno universale
di salvezza si compia, primo, in ognuno di noi e poi in tutto il mondo”. “Se
preghiamo è perché crediamo che Dio può e vuole trasformare la realtà vincendo
il male con il bene. A questo Dio ha senso obbedire e abbandonarsi anche
nell’ora della prova più dura”.
Anche noi nei momenti di difficoltà come Gesù nel Getsemani siamo chiamati
ad abbandonarci alla volontà del Padre, Gesù quando ha sperimentato l’angoscia
ha pregato: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia, non
sia fatta la mia, ma la tua volontà» (Lc 22,42). Gesù è schiacciato dal
male del mondo, ma si abbandona fiducioso all’oceano dell’amore della volontà
del Padre.
Come afferma anche SE Mons. DELPINI Arcivescovo di Milano “Gesù parla
della vita: non come di una filosofia consolatoria, ma come del dono che
sperimentano quelli che osservano la sua parola. Gesù si rivela come colui che
dà la vita, colui che è la vita. Di questo noi siamo testimoni. Il contesto,
come ai tempi di Gesù, può essere ostile. Sembra che molta gente nel nostro
tempo manifesti una specie di insofferenza per la speranza, come se dicesse:
“Non raccontateci favole. Noi non sappiamo niente della morte, ma siamo certi
che siamo vivi per morire. Lasciateci la nostra disperazione!” Noi però siamo
testimoni della promessa di Gesù, ci affidiamo a lui e continuiamo a preparare
la Pasqua, la festa che celebra la risurrezione di Gesù. Viviamo nella
persuasione che questa vita di ogni giorno con tutto il suo bene e tutto il suo
male ha un senso, può ospitare la gioia, dà buone ragioni per fare il bene ed
evitare il male”.
Luca e Paolo Tanduo