In questi giorni è comparsa agli oneri delle cronache la notizia del vergognoso gruppo di Facebook che proponeva Il 'gioco' ignobile del tiro al bersaglio sui Down e inneggiava alla loro eliminazione.
Come apparso da diversi articoli di giornali in realtà i ragazzi portatori della sindrome di down sono già discriminati fin dal momento in cui bisogna decidere se farli nascere.
Oggi sappiamo che le donne hanno figli in età sempre più avanzata, questo aumenta il rischio di concepire bambini con la sindrome di Down, stranamente, però il numero dei bambini portatori di questa sindrome non è aumentato ma è diminuito. La spiegazione è tanto semplice quanto drammatica: gli screening prenatali per la sindrome di Down sono oggi più disponibili rispetto ai primi anni Novanta e questo ha significato contro ogni aspettativa appunto riguardante l'età delle neomamme una diminuzione di bambini Down.
I dati relativi a 31 registri internazionali delle malformazioni congenite raccolti dall’International Clearinghouse for Births Defects monitoring Systems nel periodo tra 1974 e 2000 indicano che la prevalenza alla nascita totale è pari a 9,07 per 10mila nascite con un calo nel corso degli anni statisticamente significativo. In particolare si passa da 16,10 bambini con SD ogni 10mila nati nel 1975 a 6,09 nel 1999: un risultato «dovuto al corrispondente aumento di interruzioni di gravidanza a sua volta dovuto alla diffusione generalizzata della diagnosi prenatale».
Una ricerca pubblicata dal British Medical Journal tre mesi fa, sull’incidenza della sindrome di Down in Gran Bretagna spiega come gli screening prenatali, sempre più estesi, portano ad individuare il 70% dei bambini Down viene individuato prima della nascita. Una diagnosi? No, una condanna a morte: il 92 % delle donne raggiunte dal responso abortisce. Detect è il verbo usato dalla dottoressa Morris, della Queen Mary University di Lontra, per indicare l’individuazione dei bambini Down. I «detected babies» ben raramente vengono al mondo. «Detected» – in italiano individuati, scoperti. E cancellati, 92 su 100. (British Medical Journal).
Troppo spesso si sente come, di fronte ad una diagnosi su possibili patologie che potrebbero interessare un bambino, la decisione in merito se accettare la vita o no sia fatta e ponderata in base a meri calcoli statistici. Incredibile no? Non stupisce molto se ripensiamo per esempio all'allora ministro per la Sanità Turco che sempre in base a calcoli statici sulla sopravvivenza e sulle possibili patologie legate a nascite premature disse: "E' una crudeltà insensata voler rianimare un feto contro la volontà della madre". 4/2/2008
Come non ricordare poi Giorgio Bocca che si è scagliò contro gli esseri «mostruosi e deformi» del Cottolengo e affermò "Gli eccessi della carità fanno il paio con quelli dell'ideologia. I cultori della vita a ogni costo in obbedienza a Dio non si accorgono di volersi sostituire a Dio” (L’Espresso, 6/3/2009)
Ma queste idee sono presenti purtroppo da molto tempo, Nietzsche proclamava «Il malato è un parassita della società. In certe condizioni non è decoroso vivere più a lungo. Continuare a vegetare in una imbelle dipendenza dai medici e dalle pratiche mediche, dopo che è andato perduto il senso della vita, il diritto alla vita, dovrebbe suscitare nella società un profondo disprezzo» e diceva ancora «Non è in nostro potere impedire di essere nati: ma possiamo riparare a questo errore — giacché talora [essere nati] è un errore. (Crepuscolo degli idoli, § 36). Oggi forse a questo errore come lo chiama Nietzsche la nostra società si è avviata mestamente a porre rimedio.
Allora bisognerebbe commentare questa diffusa idea dell'uomo perfetto che porta alla selezione di chi ha dei difetti, come non ricordare i casi di Napoli del 2008 o dell'Ospedale Careggi o dell'ospedale San Paolo di Milano nel 2007? La stessa idea sta alla base della richiesta di legalizzazione dell'eutanasia e del suicidio assistito, è un’idea molto popolare magari mascherata dal "meglio per loro" "per il loro bene". Pensiamo alle critiche alla legge 40 la richiesta di accedere alle tecniche di fecondazione anche se fertili o la richiesta di fecondazione eterologa, o permettere la selezione pre impianto, sempre alla ricerca di una vita fatta su misura e senza difetti.
Facendo un esame di coscienza: le analisi prenatali sono fatte per preparsi a curare e accudire nel modo migliore chi potrebbe (perchè tra l'altro spesso non sono certi gli esiti) avere dei problemi di salute o per decidere di non voler tentare questo impegno?
Dovremmo ragionare sul perchè oggi è cosi difficile vivere la sofferenza, accettarla, prendersene cura.
Forse perchè ne abbiamo perso il senso ed il significato. Certo ciascuno di noi vorrebbe e giustamente desidererebbe evitarla ma dobbiamo riscoprirne il valore, non per il gusto di soffrire ma nella consapevolezza che le prove che incontriamo nella nostra vita sono occasione di salvezza e di riscoprire il vero significato della libertà che è amare e il vero significato della vita che è un dono che ci è affidato. Ricordando l'esempio di San Paolo ancora di più dovremmo ricordarci di come le spine poste nella nostra carne sono un’occasione per lodare Dio e per manifestare la sua forza, perchè, noi lo sappiamo, dal dolore e dal male Dio sa sempre trarre il bene.
Ed allora siamo forse giunti a darci la risposta che cercavamo, nella nostra società abbiamo esiliato Dio e quindi esiliamo l'uomo.
Mi permetto di postare un commento su Facebook, più vicino alla mia interpretazione della piazza virtuale che non alle intelligenti e provocanti riflessioni dei Twins... Spero comunque di poter dare un contributo alla discussione. Grazie dello spazio.
RispondiEliminaDue sono le facce di facebook: quanto una affascina e rafforza, tanto l’altra inquieta.
Ho sempre sognato da bambino di vivere in un mondo compresso, dove nel giro di poche centinaia di metri potessero trovare posto tutte le mie amicizie:
quelle delle vacanze, come quelle di scuola, gli amici della compagnia e quelli dello sport.
E questa sensazione non mi ha mai abbandonato, perché più si allargavano i confini del cuore, più le persone scivolavano via, non per cattiveria o rabbia, non per una ribellione sanguigna e affilata, ma per inedia, per sfilacciamento, come il vapore del the nella mattina d’inverno che si contrae, poi si espande e poi si dilegua.
Così mi si sono strappati dalla vita volti e ricordi che mi hanno impoverito.
La piazza di facebook, come una fata benigna, restituisce questo sogno, gli dà corpo, speranza: sono tutti lì, ben saldi, non c’è bisogno di parlare con tutti ogni giorno, ma ci sono,
Si allontano, scivolano, ritornano, affermano, ruggiscono, afferrano, poi scivolano via, ma non per sempre, per poco e comunque sono fissi nella tua cassaforte.
E accanto a loro compaiono persone nuove, chiamarli amici è prematuro, ma non ologrammi virtuali: e il pezzo di strada che fai con loro è un percorso sereno, perché comunque dalla diversità nasce un arricchimento in una verità più forte, fosse anche per giocare insieme qualche riga.
E davvero in questo mare è dolce naufragare.
Poi c’è il lato oscuro, il Dart Fenner di FB, dove la forza maligna scatena gli istinti, violenti, protetti dalla tastiera e dallo schermo che negano, occultano, rafforzano.
E questo inquieta: non tanto e solo per l’ira, irrazionale e cieca, quanto più per la lussuria, sottile, illuminata: una battuta elegante, un’altra allusiva, una terza smodata e il piano inclinato che porta lontano ti ha già catturato. Nell’ira si piomba di peso, non si scivola lentamente: e come a corpo morto sei caduto, con una doccia fredda torni indietro.
Con occhi di bambino occorre guardare questo mondo, così virtuale da essere vero.