In questo periodo viviamo una crisi finanziaria ed economica molto preoccupante, ci si chiede, è davvero il capitalismo ad essere responsabile dei problemi odierni?
Già nell’Enciclica Centesimus Annus, di Giovanni Paolo II del 1991 si può trovare una risposta, ancora di straordinaria attualità, che dimostra la grande capacità anticipatrice della dottrina sociale: se con “capitalismo si indica un sistema economico che riconosce il ruolo fondamentale e positivo dell'impresa, del mercato, della proprietà privata e della conseguente responsabilità per i mezzi di produzione, della libera creatività umana nel settore dell'economia”, allora la risposta alla domanda iniziale è certamente negativa. Non si può scindere l’economia dall’etica e dalla libertà dell’uomo. Nell’analisi di questa crisi Benedetto XVI ha ricordato come l'attività finanziaria è talvolta guidata da logiche puramente autoreferenziali e prive della considerazione, a lungo termine, del bene comune. Questo secondo noi non deve tramutarsi in un giudizio negativo sul vero significato della finanza che ha il compito di sostenere nel lungo termine la possibilità di investimenti e quindi di sviluppo. Il problema è quello di superare la tentazione di fare i propri affari in tutta libertà. Questa libertà di comprare e vendere rischi finanziari su un mercato anonimo che non chiede l'impegno dei legami, alla lunga, si è davvero rivelata fatale. La sfrenata speculazione ha fatto salire e abbassare i prezzi secondo il capriccio e l'avidità, provocando squilibri e gravi conseguenze prima di tutto nei paesi in via di sviluppo e alla fine anche da noi.
E’ necessario allora recuperare virtù come onestà, lealtà, sacrificio, magnanimità, umiltà. La centralità della persona, la risorsa umana come valore determinante è appunto una recente riscoperta del mondo economico: aumentare la fiducia è necessario al buon andamento dell’economia. L’esigenza è di ripartire dalla persona, se non so chi è l’uomo, tutto l’impegno etico della nuova economia è come privo di fondamenta. Investire sulla persona, sulle sue capacità, sulla sua creatività e rimettere al centro l’etica è la via per rispondere alla crisi. Bisogna credere nelle capacità dell’uomo di reagire alla situazioni anche più difficili e di creare condizioni per lo sviluppo della società a favore del bene comune. Proprio perché noi siamo per la centralità della persona noi siamo per l’economia di mercato ma senza etica il sistema capitalistico e l’economia di mercato non possono sopravvivere. “Da questo punto di vista va sgomberato il campo dall'illusione che una politica di pura ridistribuzione della ricchezza esistente possa risolvere il problema in maniera definitiva”, osserva il papa che continua “In un'economia moderna, infatti, il valore della ricchezza dipende in misura determinante dalla capacità di creare reddito presente e futuro”. Il lavoro dell’uomo deve tornare ad essere il valore aggiunto e la ricchezza creata dal lavoro e dalle capacità dell’uomo deve tornare ad essere solidale. Affidiamo la conclusione di questa nostra breve riflessione alle parole di Benedetto XVI nell’omelia del primo gennaio 2009: “Dio si era fatto povero per noi, per arricchirci della sua povertà piena d’amore, per esortarci a frenare l’ingordigia insaziabile che suscita lotte e divisioni, per invitarci a moderare la smania di possedere e ad essere così disponibili alla condivisione e all’accoglienza reciproca”.
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