Dopo un anno dal terremoto e maremoto che ha devastato il Giappone, quello che emerge è come questo paese si sia riscoperto come comunità.
Sono migliaia i volontari che si sono adoperati per i terremotati. Al dramma si è risposto con la solidarietà. Il dramma ha fatto interrogare sul senso della vita e così sono drasticamente diminuiti i suicidi tra i giovani e sono raddoppiati i matrimoni, come se questa “frustata” abbia in qualche modo risvegliato la voglia di vivere di fronte all’evidenza che la vita può finire in ogni momento.
In questa ricorrenza vogliamo innanzitutto ricordare le decine di migliaia di morti e tutti quei paesi e città completamente distrutte dallo tsunami con le conseguenza drammatiche sulla vita di centinaia di migliaia di sfollati. Troppo velocemente dimenticati per via del focalizzarsi di tutta l'attenzione sulla crisi della centrale nucleare di Fukushima.
Certo c’è stato anche il dramma nucleare di cui però non si sa ancora la reale portata, forse volutamente accentuata rispetto al dramma che aveva colpito il Giappone e i suoi abitanti.
Ciò che si è capito che nulla è sicuro al 100%, non lo sono state le dighe crollate come non lo sono state le centrali nucleari. Non lo sono state le barriere protettive. Molte le responsabilità umane, sono stati commessi una serie di errori e di di gesti irresponsabili da parte della società che gestiva gli impianti che ha puntato più a salvare i suoi impianti che a tutelare la salvaguardia delle vite. Tutto ciò deve far riflettere ma in maniera ragionata e responsabile senza arrivare a conclusioni affrettate senza riscontri oggettivi.
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