domenica 24 dicembre 2017

I nostri auguri di Natale 2017

Lasciamoci interpellare dai bambini che non vengono lasciati nascere, da quelli che piangono perché nessuno sazia la loro fame, da quelli che non tengono in mano giocattoli, ma armi.

Papa Francesco ci ricorda che Gesù è il centro del Natale; sembra ovvio ma non è così oggi, in una società distratta da tante cose e in cui per un pensiero di falsa tolleranza si vuole eliminare sia il presepe che l’augurio e con esso il vero simbolo del Natale: Gesù. Nel 2016 ricordava il Papa “Il mistero del Natale, che è luce e gioia, interpella e scuote, perché è nello stesso tempo un mistero di speranza e di tristezza. Porta con sé un sapore di tristezza, in quanto l’amore non è accolto, la vita viene scartata. Così accadde a Giuseppe e Maria, che trovarono le porte chiuse e posero Gesù in una mangiatoia, «perché per loro non c’era posto nell’alloggio» (v. 7). Gesù nasce rifiutato da alcuni e nell’indifferenza dei più”. Giuseppe e Maria si sono fidati del progetto di Dio nonostante le difficoltà e i pregiudizi, hanno detto il loro sì, anche noi siamo chiamati a dire sì al progetto di vita, in un mondo dove ancora oggi molti bambini vengono rifiutati, non vengono fatti nascere e molti devono soffrire a causa della violenza e dell’egoismo di molti, “Lasciamoci interpellare dal Bambino nella mangiatoia, ma lasciamoci interpellare anche dai bambini che, oggi, non sono adagiati in una culla e accarezzati dall’affetto di una madre e di un padre, ma giacciono nelle squallide “mangiatoie di dignità”: nel rifugio sotterraneo per scampare ai bombardamenti, sul marciapiede di una grande città, sul fondo di un barcone sovraccarico di migranti. Lasciamoci interpellare dai bambini che non vengono lasciati nascere, da quelli che piangono perché nessuno sazia la loro fame, da quelli che non tengono in mano giocattoli, ma armi”. Come ricordava il poeta Quasimodo nella lirica Natale del 1972: “Pace nel cuore di Cristo in eterno; ma non v'è pace nel cuore dell'uomo. Anche con Cristo, e sono venti secoli, il fratello si scaglia sul fratello. Ma c'è chi ascolta il pianto del bambino che morirà poi in croce fra due ladri?". Forte è la tentazione della cultura dello scarto verso i malati, i sofferenti, prevale una cultura che in nome di un giusto ma erroneamente assolutizzato principio di autodeterminazione tende a stravolgere i rapporti umani e l’umano stesso della nostra società. Una società in cui i desideri devono essere tradotti in diritti a scapito dei più deboli noi siamo chiamati a convertire innanzitutto il nostro cuore alla scuola dell’amore di Gesù come ci ricorda l’epistola: “La vostra amabilità sia nota a tutti […] E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù. In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri”. Come ha ricordato l'Arcivescovo di Milano Mario Delpini nel primo Discorso alla città si deve partire dal «gesto minimo», che riconosce e realizza il «bene possibile» rispondendo alle sfide di questo tempo e ci suggerisce l’arte del buon vicinato e della decima come possibili vie per contrastare una società «ammalata» di individualismo, esposta «al rischio di essere sterile, senza bambini e senza futuro», e dove tutti sono più soli e manipolabili. Auguri Luca e Paolo Tanduo

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