mercoledì 14 agosto 2013

Maternità surrogata: i bambini si possono comprare?

I bambini si possono comprare? A questa domanda vorremmo si rispondesse senza esitazione con un bel NO ma purtroppo il fenomeno della maternità surrogota ha incrinato questa convinzione. In questi giorni meritoriamente il Quotidiano Avvenire ha dato notizia con articoli ben documentati di un mercato fiorente riguardante le madri surrogate, il fenomeno riguarda molti paesi poveri ma appare più marcato nell’est Europa e in India e in America latina: giovani donne che per miseria e soldi prestano il loro corpo per la gravidanza di coppie etero o omosessuali. Certo le legislazioni sono diverse da paese a paese ma i fatti mostrano che spesso sono aggirate. Si possono trovare “proposte” tutto compreso: viaggio, soggiorno, fecondazione in vitro, pratiche legali, contratto di affitto dell’utero, e dopo nove mesi si passa a ritirare la merce. Che dietro queste pratiche si celi anche un certo giro di affari è mostrato dal caso degli USA dove la maternità surrogata è diffusa.

Nessuno parla delle conseguenze verso le donne che accettano queste pratiche, sia dal punto di vista del loro sfruttamento che psicologico. Questo donne sono obbligate a firmare liberatorie e contratti vincolanti come mostra il caso di Crystal Kelley donna del Connecticut che dopo che suo marito aveva perso il lavoro aveva accettato di prestarsi ad una gravidanza surrogata che le avrebbe portato in tasca 22mila dollari. Quando si è saputo che il bambino avrebbe avuto malformazioni le hanno cercato di imporre l’aborto. Ma lei ha detto no impugnando il contratto. Ma molto spesso ciò che accade a queste donne nei paesi poveri è a noi sconosciuto.
 
Certo la maternità surrogata spesso viene presentata come realizzazione di un desiderio, senza mai far capire le problematicità non solo etiche ma soprattutto umane dietro questo mercato di uteri e bambini. Le “donatrici” non vengono quasi considerate e se si usasse il termine di vendita di un figlio certo come dice Assuntina Morresi si griderebbe allo scandalo. Dello sfruttamento e reclusione per 9 mesi per “garantire” il risultato delle donne asiatiche o indiane non si dice nulla nessuno scandalo, nessuna manifestazione delle Femen o di altri gruppi di femministe per le giovani donne che vendono il loro grembo nell’est Europa come qualunque trattazione commerciale per garantirsi un futuro migliore. Alcune associazioni gay parlano di Gpa (gestazione per altri) o di Gds (Gestazione di sostegno) per rendere quasi empaticamente bello e solidale il termine di madre surrogata.

 Se si vede poi come sottolinea giustamente Introvigne su La Bussola, che queste leggi e mercato servono sempre più anche per le coppie omosessuali e in Francia addirittura si fanno appelli sui giornali per la legalizzazione di questa pratica dicendo che «s’impedisce ai genitori di far nascere bambini desiderati», impedendo a una donna di «portare il bambino di altri».

Insomma cosa conta la natura? sempre più i desideri, la volontà conditi con un buonismo decretano che la psicologia e il diritto decidono chi nasce, come nasce, con quali genitori indipendentemente da sesso, età, legami biologici tutto relativo ai desideri-diritti di qualcuno sempre purtroppo a discapito di poveri, dei bambini che non possono scegliere e della verità che sarà sempre più difficile proclamare perché verrà vista come una violenza contro i diritti di chi tutto vuole. Avremo quindi verità surrogate a pensieri deboli tutelati da lobby e leggi forti, con politici che fanno a gara pensando che soddisfacendo gruppi mediaticamente rumorosi si possa cambiare la società cambiando la natura umana del vivere del nascere e del morire, senza accorgersi che in questo modo sono le relazioni sociali familiari base della società che verranno indebolite e di conseguenza anche la società ne verrà danneggiata. Non a caso in uno dei manifesti ideologici che in Francia sostengono la maternità surrogata si scrive “essere genitori ed essere figli sono cose che non hanno nulla di naturale, sono legami creati dalla volontà. Non è certo un fatto genetico ma la manifestazione della volontà di essere genitore […] che fa di una persona un genitore”.

Luca  e Paolo Tanduo

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