sabato 12 marzo 2011

La crisi in Libia

Stiamo seguendo in queste settimane ai cruenti fatti che sconvolgono la Libia.
La situazione non è semplice da capire e certo si differenzia molto da quanto accaduto in Tunisia e in Egitto, innanzitutto è contraddistinta dall'uso della violenza e della forza da parte del regime. Bisogna ricordare che certo anche in Tunisia e in Egitto inizialmente le manifestazioni sono state represse con centinaia di morti ma poi si è andati verso una transizione che tra l'altro è ancora tutta da decifrare essendo in entrambi i paesi stata guidata dall'esercito che ha mantenuto intatta il suo ruolo e il suo potere.
Tra l’altro in Tunisia regna ancora oggi una certa confusione e lo si vede anche dalla gestione dei profughi, e in Egitto il rischio è che, come successo questa settimana, qualcuno approfitti della situazione per attaccare le comunità copte.

In Libia abbiamo avuto una spaccatura del paese tra Cirenaica (la zona più ricca per vi a del petrolio) e la Tripolitania la zona che più ha beneficiato dei favori del regime e che rispecchia divisioni storiche e non solo di oggi. La situazione libica è contraddistinta da una composizione tribale difficile da decifrare e la cui composizione è caratterizzata da vari elementi. Non si può sapere cosa succederà. Una cosa è certa la reazione del dittatore libico Gheddafi lo ha reso ormai, come hanno detto fonti diplomatiche russe, un cadavere politico. Gheddafi non sopravvivrà politicamente ma potrà portare la guerra civile, già in atto, ad estreme conseguenze.

Gheddafi è sicuramente un dittatore spietato, già in passato aveva sedato rivolte in Cirenaica con la forza, quello che stupisce è una certa ipocrisia della stampa e delle diplomazie internazionali, perché se è vero che bisognava trattare con chi era al potere, cioè Gheddafi, non altrettanto si può dire dei riconoscimenti concessi a Gheddafi e la Libia in ruoli che ora definiremmo ridicoli: rappresentante della commissione dei diritti umani all'Onu, presidente dell'Unione Africana. Certo c'erano, come ci sono anche adesso, interessi economici e non solo italiani, basta pensare agli inglesi che hanno liberato l’attentatore di Lockerbie per fare affari con Gheddafi; storici, per esempio il trattato di pace tra Libia e Italia che giustamente è stato fatto, ma ci permettiamo di dire che certi incarichi e riconoscimenti internazionali potevano essere evitati e qualche condizioni di cambiamento in Libia doveva essere chiesta, adesso invece ci si scandalizza strumentalmente. Lo stesso dicasi per l'Egitto dove Mubarak che sicuramente ha usato metodi sbagliati e soprattutto ha fatto l'errore di designare il figlio come successore, ma a cui va comunque riconosciuto un ruolo internazionale che ha reso stabile il Medioriente e il suo contributo nel processo di pace tra Israele e Palestinesi. D'altronde anche l'appoggio ai rivoltosi delle Libia va soppesato sia nelle modalità che nei contenuti, si sa chi sono? quale anima prevarrà? perché il rischio è di creare una situazione simile alla Somalia in cui le frange islamiste estremiste poi prendano il potere, oppure che ad un dittatore ne succeda un altro.
Proprio per questo è auspicabile un intervento internazionale che eviti il peggio per la popolazione civile e spinga Gheddafi ad un compromesso, anche se aver per esempio emesso un mandato di cattura internazionale non facilita il dialogo ma l’arroccamento del dittatore, i processi si fanno alla fine delle guerre non a guerra in corso perché condizionano i dialoghi diplomatici.
Bisogna fare però attenzione come scrive V.E. Parsi su avvenire a "non creare la spaccatura della comunità internazionale, con un fronte occidentale contrapposto a Cina e Russia".
Sempre Parsi scrive su Avvenire "Occorre fare qualcosa che sia efficace subito (logica di breve periodo), ma che contemporaneamente non mini le chance di successo duraturo (logica di lungo periodo). È importante agire in uno specifico teatro (la Libia), ma senza che ciò possa creare le condizioni per vanificare la strategia complessiva nel quadro regionale (Maghreb e Medio Oriente)". La politica estera americana sembra sempre più incerta se è vero che Obama spera che prima o poi i sauditi si convincano ad armare i ribelli. Il ruolo degli USA appare comunque molto ridimensionato dai fatti degli ultimi mesi.
Non si può tacere poi sui fenomeni migratori che i fatti del Nord d'Africa stanno portando e sulla situazione dei lavoratori stranieri che fuggono dalla Libia. E' un dovere dell'Europa e dell'Occidente prendersene cura, segnerebbe anche l'occasione per un segnale distensivo verso il mondo islamico sempre molto segnato da pregiudizi nei nostri confronti. E' quindi una scelta doverosa sul piano umanitario e utile su quello diplomatico. Anche se per esempio bisogna aiutare i lavoratori stranieri come gli egiziani che prima erano in Libia e adesso sono in Tunisia a tornare in Egitto e lo stesso per persone di altre nazionalità.
Parsi scrive su Avvenire "la sola cosa concreta che possiamo fare, e che dobbiamo fare proprio perché è alla nostra portata, è organizzare immediatamente un piano europeo per i possibili profughi".

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