domenica 14 novembre 2010

La speranza della Birmania

Aung San Suu Kyi, un nome forse sconosciuto a molti, perchè nell'informazione ci sono sempre personaggi esaltati e altri no anche se sono esemplari per tenacia, personalità e qualità umane. Certo il fatto che Aung San Suu Kyi abbia deciso di proseguire la sua battaglia, anche dopo molti anni di prigionia, senza violenza e rancore e usando la parola speranza e libertà può essere meno accativante che dichiarazioni che fanno clamore. Ma proprio per questo questa donna è una grande donna e sicuramente nel futuro il valore della sua testimonianza non violenta per la libertà del suo popolo potrà essere paraganota a quella di Nelson Mandela in SudAfrica. La testimonianza della lotta attraverso la non violenza è importantissima e deve ricordarci il suo vero significato che non sta nella rassegnazione o accettazione della situazione ma di un costanza e perseveranza nel rivendicare i diritti fondamentali della persona ma senza ricorrere all’uso delle armi. La sua lotta come quella che furono quelle di Nelson Mandela o di Cosason Aquino nelle Filippine ci ricordano anche come per l’uomo non possa rinunciare al desiderio di libertà. Per Aung San Suu Kyi nessun rancore, invece pacificazione, speranza, certezza del risultato: la fine della dittatura. Infatti anche se non sono state certo elezioni democratiche il fatto che in Birmania si siano svolte delle elezioni e che poi Aung San Suu Kyi sia stata finalmente liberata può essere l'inizio di un lungo percorso che renda la Birmania libera e democratica. Solo il tempo però potrà dire se la liberazione di Aung San Suu Kyi, è più il segno della forza del regime o non della sua debolezza sul piano internazionale o la sua resa democratica della Birmania. Birmania la chiamiamo così come ha fatto Aung San Suu Kyi, Myammar infatti è il nuovo nome deciso dalla giunta militare che guida la dittatura, giunta che ha deciso tra le altre cose di trasferirsi e trasferire gli organi del governo in un nuova città fondata e costruita nella giungla, mostrando cosi la sua distanza dal popolo. In questa dittatura molte sono state le vittime, le minoranze etniche, gli oppositori politici, i monaci buddisti, ma è doveroso ricordare anche la repressione che ha colpito tutti i religiosi e missionari cristiani che erano presenti nel paese e che esplusi dalla Birmania negli anni 70. Per fortuna avevano preparato e formato il clero locale e costruito un sistema educativo e laicale che coraggiosamente ancora oggi educa i bambini e i ragazzi sopratutto delle minoranze ed evangelizza la popolazione. Uno di questi missionari espulsi è padre Mario Meda, che inventò le adozioni d’amore precursori delle più ben note adozioni a distanza e per questo ricevette l’ambrogino d’oro. Noi siamo onaorati di sostenere questa attività tramite l'adozione a distanza di bambini e ragazzi birmani tramite il PIME.

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