giovedì 23 settembre 2010

Famiglia e Denatalità un problema culturale

Quest’estate sulla famiglia e più in generale sulla denatalità in Italia ci sono stati vari dati, articoli, interviste su giornali italiani e stranieri. L’Italia spende per la famiglia l’1,4% (cioè sui 22-23 miliardi di euro) del Prodotto interno lordo,lontana dal 2,1% di media nella Ue a 15 e il 2% della complessiva Unione a 27, la Germania l’Austria (2,8%) la Francia (2,5%) i paesi scandinavi oltre il 3%. In generale per le spese per la famiglia e la maternità l’Italia spende il 4,7% a fronte dell’8% di media dell’UE. L’Italia rimane quindi uno dei paesi col più basso tasso di natalità del mondo e nello stesso tempo uno di quelli che spende meno per maternità e famiglia. Quindi si fa spesso l’equazione pochi soldi per le famiglie uguale scarsa natalità. Varie personalità hanno commentato la situazione italiana in particolare ci è piaciuto Gotti Tedeschi neopresidente dello IOR che ha avuto il coraggio di dire che invece la denatalità è legata soprattutto ad un aspetto culturale.
L’idea che da molti decenni plasma la cultura occidentale, appoggiata da giornali e da gruppi economici e scientifici, è quella che meno si è più si è ricchi.
Per Gotti Tedeschi , e noi condividiamo, invece questa idea e cultura si è dimostrata perdente sotto tutti i punti di vista: economico, sociale, finanziario. La bassa natalità aumenta la proporzione della popolazione che invecchia e quindi le spese sociali, alimenta la crisi abbassando risparmi e consumi, facendo aumentare le tasse che non aumento la popolazione non possono diminuire e causando secondo gotti Tedeschi i presupposti per la crisi economica. Inoltre una società vecchia ha meno propensione al rischio, è meno orientata al futuro, a produrre, a cambiare la società, a spendere ed investire. Ma nonostante questo per anni c’è chi ha predicato la denatalità addirittura la decrescita e adesso che c’è veramente tutti capiscono che non è meglio, e che invece la società deve puntare allo sviluppo demografico ed economico che per secoli sono stati alla base dello sviluppo occidentale, e si può vedere sono ora alla base di quello Asiatico o dei paesi emergenti, o rivedere la storia economica dell’Europa che è cresciuta quando è aumentata la popolazione e la qualità della vita creando un circolo virtuoso.
Bisogna tornare ad avere il coraggio di puntare al futuro, di rischiare sia dal punto di vista economico che culturale che demografico puntando all’aumento della natalità.
Chi pensa che per poter fare figli è necessario uno standard economico di garanzia, pur essendo il fattore economico importante, in verità antepone un discorso un po’ egoistico di pensare che i figli diminuiscono il tenore di vita, esemplare quanto apparso recentemente sull’inserto IO Donna del più importante e diffuso giornale italiano, dove vengono riportate diverse testimonianze che suggeriscono un elogio alla vita senza bambini, cosa non certo nuova come sottolinea lo stesso inserto che cita libri e film che hanno avuto ampio successo e diffusione. C’è addirittura chi sostiene che non procreare non è solo un diritto, non solo ci si risparmiano problemi e spese, ma è una scelta “verde”. Preoccupanti i dati riportati che evidenziano una tendenza culturale presente nel mondo occidentale, secondo una ricerca citata dalla Hymas, nel 2002 il 59 per cento degli adulti americani negavano che una vita senza figli sia vuota (nell’88, erano il 39 per cento), e solo il 41 per cento, nel 2007, pensava che i figli fossero centrali nel matrimonio (erano 65 su cento nel ’90). Sempre i bambini e i giovani sono stati il futuro delle nazioni e delle civiltà, allora per evitare che la previsione un pò catastrofista del Washington Post, che ha intitolato un articolo Italy R.I.P prevedendo che nel giro di qualche decennio gli italiani saranno solo 10 milioni, si avveri serve un cambio di politica veramente a favore della famiglia ma soprattutto un cambio culturale.

martedì 21 settembre 2010

Piccolo appello per far risorgere il Movimento

pubblicato su Il Foglio del 21 settembre 2010

In merito all'articolo comparso su Il Foglio di 16 settembre di Agnoli, condividiamo la preoccupazione per l'immobilismo presente nel movimento per la vita, per i personalismi che hanno portato a divisioni anche tra i vari movimenti locali. Manca una seria azione che porti a fare rete tra i vari movimenti pro-life. Condividiamo dal punto di vista contenutistico l'operato di Carlo Casini che ha saputo guidare il movimento nelle scelte decisive a favore della vita anche di fronte alle nuove problematiche emergenti sapendo scegliere strategie vincenti (vedi legge40/2004, fine vita). Casini ha guidato il movimento quando la battaglia per la vita era minoritaria.
Adesso però è necessario un ricambio generazionale che rivitalizzi il movimento con uno slancio nuovo. Che proponga una nuova generazione libera dagli scontri anche aspri che hanno segnato il movimento. Il movimento per la vita ambrosiano ha già operato questa scelta, il presidente e tre membri del direttivo hanno meno di 40 anni e la continuità generazionale è garantita dalla presenza degli ex presidenti. La nostra posizione ci spinge a richiedere un Congreso Straordinario dove ci sia un solo punto all'ordine del giorno: ricambio del gruppo dirigente con riconoscimento di correttezza contenutistica e perciò culturale compiuti in tanti anni di gestione produttiva, ma che segni una svolta generazionale.


Luca Tanduo vice-presidente del movimento per la vita ambrosiano
Andrea Verga direttivo (ex presidente)
Chiara Corrado direttivo
Paolo Sorbi direttivo (ex presidente)
Paolo Tanduo direttivo - responsabile dei giovani